mercoledì 17 agosto 2016

Il male e il bene dello sport sono i numeri


Le statistiche ISTAT rivelano una grande verità sullo sport e su come lo viviamo e lo concepiamo. Ne discutiamo insieme.

Se sei allergico ai numeri o avevi 4 in matematica, stai pure tranquillo: non sono qui per parlare di formule o strani teoremi che capirebbero solo matematici, ingegneri e fisici ma, bensì, per riflettere insieme su alcuni dati ISTAT pubblicati qualche mese fa e che danno un’immagine abbastanza chiara di quale sia la condizione dello sport italiano e – soprattutto – di quali siano le sue luci e le sue ombre. Il beneficio dei numeri è appunto questo: fornire dei dati oggettivi sui quali si può discutere (molto, in questo caso).

Tutto nasce dalla mia mania per l’approfondimento e da un tweet che ho ricevuto che affermava che il calcio è lo sport più praticato in Italia. Da lì il mio pensiero: “Sì, è vero, ma quanti sono gli iscritti alla FIGC?” e, dopo una semplice ricerca, ecco arrivare tonnellate di numeri ma solo alcuni mi sono saltati all’occhio subito, in particolare una ricerca ISTAT datata 19 febbraio 2016 “La pratica sportiva in Italia“.


Andiamo diretti al punto
Ti risparmio tutti i dati sull’incremento di persone che praticano sport (+2,7% negli ultimi due anni) e di quale sia il dettaglio degli atleti tra nord, centro, sud, aree metropolitane o piccoli comuni; andiamo piuttosto dritti al punto e in particolare a un grafico su dati del 2014 che mostra la percentuale di lavoratori occupati nello sport (servizi sportivi, istruttori, tecnici, ecc.) a confronto con gli altri paesi europei. L’Italia è al 14° posto con lo 0,54%, rispetto allo 0,72% della media europea. Un dato che, visto così, dice poco ma se ci pensi, noi italiani abbiamo il 33% in meno di occupati nello sport rispetto alla media europea.



Cosa significa?
Non significa che in Italia le persone proporzionalmente facciano meno sport (o, almeno, non solo questo) ma – se pensiamo alla nostra esperienza personale – questo dato è la cartina tornasole del fatto che, nella nostra nazione, lo sport sia affidato al volontariato e alla passione dei singoli individui anziché a un sistema che promuova dall’alto l’attività sportiva.

E perché solo volontariato? Perché lo sport è considerato un’attività “secondaria” da far fare ai bambini e ai ragazzi e poi da mettere in disparte. Infatti, la statistica vede una netta diminuzione dei praticanti di attività sportive dopo i 18-24 anni. Anche perché – dopo quell’età – molto spesso si passa allo “sport da divano” e – in particolare e senza nasconderci dietro a un dito – al calcio guardato.

[Piccola digressione (puoi saltarla se vuoi) ON]

Qualche giorno fa su Bike Channel hanno fatto rivedere il Record dell’Ora di Bradley Wiggins in un velodromo olimpico Lee Valley VeloPark di Londra pieno in ogni ordine di posti. E questo vale per moltissimi altri sport: da noi si riempiono gli stadi ma tutte le altre strutture – anche durante manifestazioni di livello internazionale – passano in secondo piano.
E stiamo parlando di vedere girare un ciclista da solo per un’ora in un velodromo quindi non proprio il massimo dell’eccitazione visiva. Stiamo parlando di cultura dello sport e di passione che – da noi – è quasi esclusivamente dedicata al calcio. E il fatto che il calcio sia lo sport più praticato in Italia non implica che non ci si possa appassionare anche per altri sport.

[Piccola digressione (che potevi anche saltare) OFF]


È difficile pretendere di più
In un panorama in cui lo sport è affidato a volontari appassionati e considerato un’attività secondaria è molto difficile pretendere che chi se ne occupa possa dare di più (perché, giustamente, il pane se lo devono guadagnare in altro modo). Quindi tutti i nostri tecnici volontari non hanno il tempo e, probabilmente, le risorse economiche per accedere a formazione d’elite e comunque, per quanto si sacrificano, meriterebbero un monumento in ogni città (come, d’altra parte tutti, i volontari).

Inutile dire che, se avessimo più tecnici “professionisti”, molto probabilmente anche la qualità e i risultati dei nostri atleti sarebbe migliore.


L’attività “secondaria” che fa male
No, non sto dicendo che lo sport faccia male ma che – semmai – faccia male considerarlo secondario ad altre attività. Purtroppo la ricerca ISTAT mostra anche un dato preoccupante: la percentuale di italiani in sovrappeso o obesi (che non è la stessa cosa, lo so).

Partiamo dal presupposto che il 33,3% degli italiani (circa 19.600.000) pratica sport e il 26,5% dice di essere “attivo fisicamente” (ma bisognerebbe capire cosa significhi), rimane un 39,9% di sedentari che, se ci pensi, sono tantissimi.

Arriviamo al punto dell’analisi della salute, probabilmente il più importante. Il 44,6% degli italiani con più di 18 anni è in sovrappeso o obeso (quindi con IMC superiore a 25). Certamente non ha molto senso assimilare sovrappeso e obesità ma – in questo caso specifico – è utile soprattutto per capire l’impatto che ha la diminuzione della pratica sportiva dopo i 18 anni.

Certamente non sto dicendo che, se tutti facessimo sport, quel 44,6% diventerebbe 0% – anche se la sedentarietà ne è una delle cause principali – ma che, porcocane!, dovremmo avere la pratica e l’amore per lo sport come uno dei nostri valori principali. E questo – sì, anche questo – dovrebbe partire dalla scuola, dalla società, dalla famiglia, dal nostro modo di pensare e – in ultimo o in primis, decidi tu – da risorse economiche sufficienti per lo sport.

Questi sono i miei pensieri sui dati che ho letto. E mi piacerebbe moltissimo conoscere anche i tuoi. Puoi scriverli qui sotto e continuare la discussione tutti insieme.

Ah, dimenticavo: sì, il calcio è lo sport più praticato in Italia con 1.073.284 iscritti alla FIGC. Seguono Pallavolo e Basket, rispettiva mente con 367.943 e 310.298 iscritti. La FIDAL ne ha solamente 180.077 (Fonte CONI) ma le persone che corrono sono, fortunatamente, molte di più. ;)


Fonte: www.runlovers.it