venerdì 8 luglio 2016

Come appoggiare il piede?

Se anni fa Christopher McDougall non si fosse chiesto nel “Born to Run” come era meglio appoggiare il piede per evitare infortuni forse oggi non staremmo qui a farci questa domanda.
Lui se lo chiese per un buon motivo: gli piaceva correre ma, nonostante usasse scarpe molto ammortizzate, continuava a infortunarsi. Cosa sbagliava? Era colpa sua? Era colpa delle scarpe?


Una risposta
McDougall studiò una popolazione messicana capace di correre distanze disumane a piedi scalzi o quasi, i Tarahumara. Se riuscivano a correre senza alcuna ammortizzazione forse possedevano il segreto della corsa perfetta, no? La sua tesi è, brevemente, che corriamo nella maniera sbagliata, appoggiando prima il tallone e poi l’avampiede, mentre la biomeccanica corretta direbbe di fare l’opposto.
Oggi molte ricerche e l’esperienza di molti runner hanno precisato un po’ come stanno le cose.


Sfatiamo qualche mito
Innanzitutto – ed è il mito più importante da sfatare – non esiste un modo migliore di correre. Ognuno ha il suo e “il suo” è quello che lo fa correre meglio, provocandogli il numero minore di malanni e infortuni, e possibilmente nessuno.

Molti infatti si sono chiesti come mai se la corsa di avampiede è l’unica corretta, esistono moltissimi top runner che corrono appoggiando prima il tallone. Tipo? Tipo Meb Keflezighi, argento ad Atene nel 2004 e vincitore a New York nel 2009 e a Boston nel 2014. Non uno sprovveduto insomma.

Ma non solo. Analizzando centinaia di runner alla Manchester City Marathon del 2009, Pete Larson ha constatato che la stragrande maggioranza (quasi il 90%) atterravano di tallone al 10° km, percentuale che saliva al 93% al 32° km. Il fatto che aumentassero con la distanza non è un mistero: più il runner è affaticato, più tende “ad appoggiarsi” sulla scarpa, facendole fare il lavoro meccanico che i muscoli non sopportano più.

Possibile che più del 90% di chi corre lo faccia nel modo sbagliato? Sono scemi? È la scarpa – brutta e cattiva – che glielo fa fare? Evidentemente non è così.


La soluzione è a monte
Che l’appoggio sia fondamentale è indiscutibile, ma è anche vero che la biomeccanica della corsa è più complessa: non si riduce a quale parte del piede appoggia a terra per prima, ma all’intera geometria del corpo. Ritornando a Meb Keflezighi, si nota che è vero che appoggia di tallone, ma la sua corsa rimane estremamente efficiente per un altro motivo: la distanza fra l’appoggio e le sue anche è ridotta.
In altre parole: Meb non butta i piedi più avanti del suo bacino. Questo gli permette di atterrare con la gamba non tesa ma lievemente piegata, in modo da assorbire meglio l’impatto. Chi invece è un runner “overstrider” (ossia che spinge il piede molto oltre le anche, atterrando a gamba tesa) sollecita molto di più il tallone e lo carica di tutto il peso, rischiando l’infortunio.


Come evitare la gamba tesa?
L’osservazione di chi corre a gamba tesa ha fornito ancora una volta un’importante indicazione: chi fa meno passi al minuto tende di più la gamba. Quindi per atterrare con la gamba piegata bisogna avvicinarsi il più possibile alla “cadenza ideale” (cioè a quante volte al minuto appoggi il piede a terra): quella di 180 passi al minuto. Ma attenzione: il valore è puramente indicativo. I top runner non corrono tutti con questa cadenza. Haile Gebrselassie ha fatto il record del mondo di 2:03:59 a Berlino correndo a 197 passi al minuto e Abebe Bikila ha vinto Tokyo nel 1964 in 2:12:13 con una cadenza di 217 passi al minuto. Praticamente un martello pneumatico!
Ancora una volta dipende da runner a runner: una cadenza molto rilassata (attorno ai 140/150 passi al minuto) comporta quasi inevitabilmente di atterrare a gamba tesa, e aumentando la cadenza si riesce invece a piegare meglio la gamba.


Voglio aumentare la cadenza, come devo fare?
Innanzitutto calcola che cadenza hai. Farlo è semplice: conta quante volte un tuo piede tocca terra in 30 secondi. Moltiplica per due per ottenere entrambi i piedi nello stesso tempo e poi ancora per 2 per ottenere la cadenza al minuto:

n° di passi di un piede ogni 30 secondi x 2 (piedi) x 2 = passi al minuto (cadenza)

Se sei abbondantemente al di sotto dei 180 (che è un riferimento, non il numero perfetto, lo ripeto) puoi provare ad aumentare la cadenza, per esempio allenandoti sui 5 km e usando 2 accorgimenti (o l’uno o l’altro):
  • Un contapassi elettronico (ne trovi su Amazon a pochi soldi)
  • Ascoltando musica a 180 bpm (battiti al minuto) e… andando a tempo.

Noterai come il tuo corpo sarà spinto naturalmente ad accorciare il passo per farne di più. Ma quello che ti interessa è accorciare la falcata in modo da atterrare a gamba non tesa.
Il tuo tallone ringrazierà. E anche la tua velocità, vedrai ;)


Fonte: www.runlovers.it