lunedì 18 aprile 2016

2016/04/17 - Padova: Maratona di S. Antonio

In effetti era da un pò che mancavo dalla sezione "Cronache", anche perchè, diciamocelo: "mi sono svegliato alle", "sono partito alle", "ci ho messo tot"... interessante come il libretto delle istruzioni del tostapane... E invece oggi voglio parlarvi di una giornata strana, anomala, ma nel senso più buono che ci possa essere. Dopo la delusione di Venezia (eh ma facciamo i conti a Ottobre...) ho deciso di cambiare totalmente approccio e abbandonare l'ossessiva preparazione "tabellare" e il perseguimento di un obiettivo cronometrico, infatti mi sono iscritto un mese fa a Padova con l'animo sereno e con l'unico obiettivo di provare questo nuovo, promettente, percorso e di non sforare le 4 ore (ché, va ben tutto, ma neanche stracciarla e andare in passeggiata...). Quindi niente lunghi, niente ripetute, e non entro neanche nel discorso alimentazione (sabato gran sushi, birre e gelato, per dire).
Logisticamente partiamo molto bene: 15 minuti e sono parcheggiato comodo all'Euganeo, in attesa che aprano i cancelli cominciano ad arrivare conoscenti e compagni: Leonardo (che arriverà 14° assoluto), Luciano (alla sua 55° maratona) con le sue immancabili foto, atleti di altre squadre e amici che vedo spesso come Barbara, o che non vedevo da anni come Gianluca.. finanche ex compaesani come Lucia e Claudio: chiacchiere, aria di festa e la sensazione che mi divertirò..
Consegnate le sacche si entra nello stadio e lo sparo quasi coglie di sorpresa me e Andrea mentre scherziamo e parliamo quasi fossimo al bar, ci guardiamo e ...a quanto pare sono partiti, 'ndemo!
Il cielo fortunatamente è un pò coperto e i primi km passano tranquilli, c'e' quasi sempre gente ai bordi delle strade, salutano e incitano e io non perdo occasione per rispondere con una battuta e dare il cinque ai numerosi bambini. Parecchie le band e le bande che suonano e ci danno la carica: fantastica "Shoot me all night long" degli AC/DC a Taggì, un pò meno il walzer a Selvazzano, e incredibile il medley dixie/jazz a Rubano, ma grazie a tutti indistintamente!
Il percorso è veramente bello e suggestivo e in men che non si dica arriviamo ad Abano. Ci ricongiungiamo con quelli della Mezza e incito e scherzo con tutti quelli che trovo, faccio lo splendido promettendo the pagati ai ristori successivi (non è colpa mia se la maggior parte erano ragazze!) e saluto tutti gli astanti.
La festa è per un momento sospesa perchè a lato della strada c'e' un podista a terra, rallento per vedere se serve una mano ma tra la piccola folla radunatasi noto i paramedici che lo stanno già assistendo e decido che non è il caso di andare a creare ulteriore confusione, gli auguro mentalmente di riprendersi e riprendo la mia corsa.  Mi sento bene ricomincio a scherzare con la gente quando mi si avvicina un podista bresciano dicendomi: "Ti vedo benissimo, la vuoi finire sotto le 3:30? mi tiri?" A quel punto il panico, forse stò facendo un po troppo il mona e la sto prendendo un pò troppo alla leggera, ma chi se ne frega, decido di stare con lui e chiacchierando, sempre più a monosillabi per la verità, arriviamo al trentesimo. Onestamente sono un pò incredulo e aspetto il momento in cui arriveranno i crampi e nel dubbio rallento un pochino, ma non troppo, perchè alla fine siamo tutti uguali: alla prospettiva di fare anche un bel tempo, magari di migliorare... sai com'e'...
Mandria, Bassanello, 38° km, si sente già lo Speaker in lontananza, ho perso il bresciano ma è da un paio di km che corro assieme ad una donna polacca scambindoci sguardi di sostegno alternati a disperazione; "last three" le dico, "no, four" mi risponde lei, che cagacazzi 'sti polacchi, chiudo la questione con un "dai che 'ndemo!" e accelero un pò, lei mi segue con lo sguardo della mucca che vede passare il treno e arriviamo sulle riviere. E qui bestemmie, bestemmie da tutte le parti e in tutte le lingue, una per ogni ciottolo spaccacaviglie generatore di crampi; ci distribuiamo sui lati del ciottolato per stare il più possibile su un fondo stabile e a poco serve il tappetino messo giù in piazza del Duomo (ma apprezziamo l'impegno). Al ristoro dei 40km mi fermo e camminando mi prendo tutto il tempo per bere, quando riparto sento i polpacci che si preparano ad abbandonarmi ma oh, due km passano in fretta vero? no. Ma intanto metto un piede avanti l'altro, conosco la strada, in fondo vedo il Santo, e anche la Madonna, e forse anche Scarlett Johanson ma probabilmente è solo il caldo. Ultimo rettilineo prima del Prato e a 2 cm dal mio orecchio sento un "Vai Michele!": quasi cado dalla sorpresa e mi accorgo essere Marzia (autrice della foto qui sopra) e trovo anche il tempo di salutare. Ma mi sono distratto un secondo ed ecco i crampi, però ormai so come funziona: mollo un pochino, entro in Prato e ho davanti solo i tre archi prima dell'arrivo, leggo in lontananza 1:31 sul tabellone, ma sarà il sudore che appanna occhi, non ci penso, mi controllo e passo sotto l'arco a 1:32 e rotti.
Sono stupido, anzi non so se sono più stupito o più perplesso. Mi mettono al collo una medaglia e mentre comincio a perdere lucidità e a vedere bianco un ragazzo mi si avvicina e comincia ad armeggiarmi sui piedi, ci metto un pò ma capisco che vuole il chip, "faccio io" gli dico e mi chino. Pessima idea. Comunque consegno il chip, recupero una bottiglietta d'acqua e un bicchiere di the anche per Salvatore, che ho passato al 41° e in effetti è appena arrivato. Lo saluto e deambulo fino al furgone a prendere la sacca, ancora incredulo mi siedo per terra (ci metto circa 5 minuti) e mi tolgo le scarpe (altri 5 minuti), mi guardo attorno per vedere quanti stanno ridendono di questa performance a metà tra una danza indiana e un rito woodoo, ma vedo che siamo tutti nelle stesse condizioni...manica di pazzi che non siamo altro...
Ritorno nel mondo dei vivi giusto per riconoscere Marzia e Silvia che mi sono venute a salutare, mi cambio e incontro anche Leonardo (a premio) ed Erika, con il suo sorriso grande come l'Isola Memmia. Baci, complimenti e ciao a tutti che mi parte la navetta.
Tornando all'Euganeo per la prima volta guardo la medaglia che ho al collo e mi rendo conto di essere contento, come non mi succedeva da tanto: mi sono divertito e ho fatto divertire, non mi sono preoccupato di niente, mi sono goduto tutto, e (del tutto in secondo piano) ho anche fatto il mio personale.
Padova è speciale: ci ho lasciato un pezzo di cuore anni fa, l'anno passato ci ho corso la mia prima maratona, quest'anno la mia maratona più bella. Torno a casa con il cuore gonfio.
Quasi quanto il ginocchio.

Michele Nodari